Il Corriere Economia di lunedì fa una dettagliata analisi dei conti dell’Inps e scopre alcune scomode verità. (Giorgio Meletti, “Inps, chi paga le pensioni?Il popolo dei call center”, 27 aprile 2009, p. 8 Corriere Economia)
Eccole sinteticamente:
– non è vero che le pensioni “troppo generose” pesano sui conti dello Stato. Le pensioni “generose” pesano sulle spalle degli altri lavoratori che pagano i contributi
– ci sono categorie che “costano” e categorie che fruttano, ma non sono quelle che pensate
– quelle che costano sono: i dirigenti d’azienda (3,5 miliardi di euro l’anno di passivo), i coltivatori diretti (5,5 miliardi), gli artigiani (4 miliardi). E poi categorie dove sono stati fatti molti prepensionamenti per poter privatizzare le vecchie aziende pubbliche: elettricità, telefoni, trasporti. Queste 3 categorie perdono complessivamente 3,7 miliardi di euro. In tutti questi casi sono più le pensioni pagate che i contributi versati dalla categoria
– quelle che fruttano sono: i parasubordinati con 9 miliardi di attivo (ma quanti sono quelli che conoscete che prendono la pensione da precario?) e i 13 milioni di lavoratori iscritti al Fondo lavoratori dipendenti
– non ci sono i fondi per dare più ammortizzatori sociali, si dice. Eppure il Fondo prestazioni temporanee è in attivo di 5,5 miliardi e serve per pagare assegni familiari, cassa integrazione, sussidio di disoccupazione e giorni di malattia. E tutto questo per colpa della crisi: altrimenti l’avanzo sarebbe stato di 10 miliardi
– (curiosità) l’Inps spende 120 milioni di euro l’anno per pagare 15mila pensioni ad altrettanti membri del clero, non solo cattolico
A leggere questi dati sembrerebbe che:
– i contributi pagati dai lavoratori dipendenti e dai parasubordinati servono anche a ripianare il disavanzo creato dalla gestione dei dirigenti d’impresa (il loro ente, l’INPDAI, ha fatto crack), dagli artigiani e per pagare i costi sociali delle privatizzazioni degli anni ’90
– i soldi per aumentare la protezione contro la crisi ed estenderla a tutti ci sarebbero
Speriamo di essere smentiti dai nostri lettori economisti.
(Mattia Toaldo)
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