Stamattina ho aperto il giornale ci ho trovato la lettera pubblica del preside della Luiss al figlio in procinto di laurearsi e non riesco a trattenere la rabbia.
Credo due cose. La prima e’ che da padre avrebbe dovuto scrivergliela in privato. La seconda e’ che da preside avrebbe invece dovuto scrivere una bella lettera in cui denunciava tutti i fatti spiacevoli ed ingiusti che di fatto menziona ma impegnandosi come preside a contribuire alla parziale soluzione di alcuni di essi.
E’ assurdo che il tono scoraggiato arrivi da lui. Un direttore. Assurdo.
Primo: il figlio si sarà laureato in tempo perché bravo, certo. Ma anche perché sicuramente supportato economicamente da una famiglia che se lo poteva permettere.
E qui voi direte: che centra? C’entra eccome.
Archivi del mese: novembre 2009
Il sacrosanto diritto di sognare
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Si chiama Ashton, Catherine Ashton
Diciassette anni di travagliata ingegneria politica e architettura istituzionale – dal Trattato di Maastricht che istituì la Pesc a oggi – per dare all’Unione Europea un peso maggiore negli affari internazionali sono culminati giovedì scorso con la nomina dell’inglese Catherine Ashton come Alta Rappresentante per politica estera e difesa (insieme a quella del belga Herman Van Rompuy a Presidente del Consiglio dei Ministri). Vediamo più in dettaglio alcuni aspetti di una scelta inaspettata e criticata. Continua a leggere
Roma, Italia:così si è uccisa la ricerca
Gran parte della ricerca pubblica è situata nell’ area metropolitana di Roma: un vero settore produttivo con migliaia di persone impiegate. Un settore in crisi, ma non dal 2008 come il resto dell’economia italiana.
L’inizio della fine si può far risalire ai primi anni Novanta quando incominciò una vera e propria politica pubblica di disinvestimento sulla ricerca. Continua a leggere
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Il carcere fa violenza
Stefano Cucchi e gli altri. Improvvisamente l’opinione pubblica ha scoperto il volto violento dell’amministrazione della giustizia. Le responsabilità penali, sia chiaro, sono e restano personali, anche quando chi dovesse averle commesse veste – vestiva addirittura in quegli indicibili momenti – una divisa rappresentativa dello Stato e delle sue istituzioni.
In Germania le sconfitte insegnano qualcosa
Alle parole devono seguire i fatti: è una vecchio criterio di giudizio per verificare la credibilità di qualunque partito politico o Governo. Anche nel caso del Partito Socialdemocratico tedesco, che ha celebrato lo scorso fine settimana a Dresda il suo congresso dopo la disastrosa sconfitta elettorale di settembre, non c’è ragione di non attenersi a questo saggio principio di prudenza, prima di sbilanciarsi in giudizi affrettati. Eppure, in politica, è altrettanto vero che “le parole” (o si legga: le idee) possono essere il primo di una serie di “fatti” in grado di incidere sugli assetti sociali. Da un partito a corto di visione, di idee-forza, di strategia, cioè, non ci si può aspettare, insomma, una buona politica: sarà sempre destinato a suonare la musica dello spartito scritto dall’avversario.
Può essere quindi interessante, per noi italiani di sinistra abituati ormai alle sconfitte e all’egemonia culturale della destra, capire meglio come la SPD ha reagito alla débâcle elettorale che l’ha portata al suo minimo storico dal dopoguerra ad oggi (il 23%), dopo undici anni di Governo, di cui sette con i Verdi (che sono in buona salute) e quattro con la CDU (che ha vinto quasi “senza giocare”). E lo si può fare, per ora, analizzando il discorso di investitura del nuovo segretario, Siegmar Gabriel, e le deliberazioni congressuali. Parole, come si diceva: dalle quali, tuttavia, si evincono indicazioni che appaiono molto significative – alcune delle quali, fra quelle più utili per un confronto con il nostro paese, verremo ora velocemente presentando.
D’Alema for Europe?
La novità più importante del Trattato di Lisbona corrisponde all’intenzione di unificare e rendere più efficace la politica estera e di sicurezza comune (Pesc) dell’Unione Europea. La responsabilità sarà ricoperta da un “Alto rappresentante”, un vero e proprio ministro degli Esteri europeo, che durerà in carica due anni e mezzo (art. 9E). Sarà anche vicepresidente della Commissione, per associare quest’organo alle decisioni del Consiglio Europeo e mettere fine a una dualità deleteria: “Mister Pesc” dovrà essere la sola voce d’Europa. Ma cosa potrà fare e chi potrebbe ricoprire quella carica?
Il piano carceri è già fallito
Oggi, domani, dopodomani, …: prima a poi il “Piano carceri” del Governo arriverà in Consiglio dei ministri. E non cambierà niente. Non cambierà nulla di quelle condizioni incivili in cui le carceri sono ridotte. Non cambierà nulla nell’affollamento penitenziario. Non cambierà nulla in quel mix di violenza e indifferenza che ha potuto provocare la morte di Stefano Cucchi.
Pensieri americani: uscire dalla crisi grazie alle città
Le aree metropolitane sono il cuore dello sviluppo, in Italia come negli Usa: è lì che si produce la gran parte della ricchezza ed è lì che si inventano nuovi prodotti, nuove idee, nuovi stili di vita. Uscire dalla crisi attraverso la rigenerazione delle aree metropolitane è diventato quindi un imperativo dell’amministrazione Obama. Chissà che noi italiani non si possa imparare qualcosa. Ne abbiamo parlato con Alessandro Coppola (nella foto qui accanto), ricercatore di studi urbani, un passato a Roma 3 e alla Johns Hopkins University di Baltimora.
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Succede a Roma nel 2009
Succede a Roma, non a Manila. Ci si lamenta spesso che l’Italia stia diventando un paese del terzo mondo e lo si fa quasi sempre a sproposito, senza rendersi conto di come si viva davvero in certi paesi. Però questa volta è successa una cosa davvero da paese povero e autoritario: un gruppo di vigilantes privati, comandati personalmente dall’amministratore delegato dell’azienda, ha provato a sgomberarla con la forza.
Già questa cosa da sola sarebbe grave e assomiglierebbe parecchio a quello che succede ogni giorno e ogni ora nelle grandi metropoli del sud del mondo dove la legge non esiste oppure esiste per proteggere i più forti. Continua a leggere
Il fu modello spagnolo
Viva Zapatero, deriva zapaterista… I provvedimenti in materia di diritti civili introdotti dal premier spagnolo hanno avuto grande eco in Italia, sollevando sentimenti accesi e contrapposti, dall’ammirazione incondizionata al rigetto più totale. Molto meno nota è invece la situazione sociale di un paese che fino a pochi mesi fa era indicato come esempio positivo di crescita e che oggi vive una situazione diametralmente opposta: proviamo a dare un’occhiata più da vicino. Continua a leggere
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