La capitale precaria

Roma e la sua area metropolitana hanno retto bene la crisi. E questa è la (vedremo parziale) buona notizia. Roma, però, è anche la capitale del precariato, del lavoro al nero e del tempo determinato. Lo dice un’indagine della facoltà di sociologia di Roma presentata alcuni giorni fa e che riguarda gli anni 2008-2010, cioè quelli successivi all’esplosione della bolla speculativa. E proprio per la natura del mercato del lavoro romano quest’area potrebbe subire più di altre gli effetti della legge finanziaria.

Il primo dato a dover preoccupare è quello relativo alla precarietà: l’80% di chi è entrato nel mercato del lavoro nell’ultimo biennio a Roma lo ha fatto da precario: tempo determinato, a progetto, collaborazioni occasionali, partite IVA per lavoratori subordinati. Oggi il 27% di chi lavora in questa area metropolitana lo fa da precario. I lavoratori dipendenti in totale sono più di tre quarti del totale (e includiamo anche quelli costretti loro malgrado a forme contrattuali da lavoratori autonomi) e solo il 40% di tutta la platea ha un contratto a tempo indeterminato. Il restante quarto del mercato del lavoro fatto di veri lavoratori autonomi non se la passa un granchè (provate a chiedere ad un giovane avvocato se i clienti pagano quando dovrebbero) ed è proprio la loro relativa scarsità una delle ragioni per cui Roma finora ha retto bene alla crisi.

La seconda ragione per cui Roma finora aveva retto bene alla crisi era la forte presenza di lavoratori pubblici: il 22% del totale contro una media nazionale del 14%. Ci sono tantissimi precari anche lì, e tanti hanno già perso in qualche maniera il lavoro. E’ su questa fetta di lavoro che si abbatterà la finanziaria con i blocchi dei rinnovi contrattuali, il blocco del turn over, la chiusura di alcuni grandi enti di ricerca e non, i tetti al numero di contratti a tempo determinato che si potranno fare nei prossimi due anni. Questi ultimi sono in realtà dei licenziamenti mascherati: semplicemente il contratto non viene rinnovato. Alcune categorie si vedranno ridurre lo stipendio tout court: tra i ricercatori universitari circolano calcoli che parlano di riduzioni di stipendio di circa 4700 euro in tre anni per un ricercatore appena confermato. E questi sono i fortunati, perchè la recente riforma lascerà in campo solo i ricercatori a tempo determinato.

C’è poi un terzo dei lavoratori di questa città che, l’indagine lo ammette, non appaiono nelle statistiche: sono quelli che lavorano in nero. Cosa succederà a loro non è dato saperlo, anzi non lo sapremo mai.

Insomma, tempi duri eppure per niente inevitabili: il governo doveva scegliere di amputare uno dei suoi arti, ha scelto di colpire il più povero, insicuro, socialmente e politicamente marginale. Chi deciderà di rappresentarlo e di difenderlo?

(Mattia Toaldo)

2 commenti

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2 risposte a “La capitale precaria

  1. andrea

    Caro Mattia, la domanda retorica con cui chiudi il post è particolarmente significativa. Vorrei dire che il fatto che il mondo del lavoro nero è sconosciuto e che non si saprà mai niente di quello che succederà a chi ci si trova dentro è, in parte, anche frutto di una scelta. Non mi riferisco, ovviamente, al fatto che il settore esiste perché si chiude un occhio. Piuttosto, mi riferisco al fatto che si potrebbero fare delle indagini per rappresentare questa situazione e immaginare che fare. Basterebbe volerlo

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