Ero a Caserta la sera che si aspettava il ritorno d’o guerriero – terzo alla prima edizione del Grande Fratello – che aveva fatto parlare di sé per i modi truzzi ma soprattutto per quella storia del sesso in diretta con la [poi] vincitrice, Cristina Plevani. Io che dell’essere casertana ho sempre fatto un punto d’orgoglio, snobbai quella specie di evento plebeo [c’era gran fermento per l’eroe], avvilita perché al nome della mia città – prodiga di veri talenti in quasi ogni campo – si associasse quello di un ragazzone palestrato e sbruffone, in una parola un tamarro.
Pietro Taricone voleva il successo e non ne faceva mistero, e per ottenerlo era disposto [quasi] a tutto: anche a lanciarsi senza paracadute nel reality forse più insulso, volgare e inutile della tv italiana, pure se quella era solo la prima edizione, quindi nessuno sapeva come sarebbe davvero andata a finire. Era sera, era buio, e quando in piazza Vanvitelli – dove si erano dati appuntamento amici, fan e familiari – arrivò un’auto e si levò un coro da stadio, io me ne andai per i fatti miei.
Col tempo però il mio giudizio sul tamarro cambiò. Perché Taricone si emancipò in fretta dal ruolo che s’era cucito addosso [e che calzava a pennello al format del G.F.], e s’era messo a studiare recitazione. Compreso subito [come ha dichiarato Marco Risi] che popolarità e professionalità sono cose diverse, Pietro scelse il riscatto, anche umano, da quella esperienza di tv spazzatura. Della quale avrebbe detto: “Le case produttrici di reality dovrebbero costituire un fondo per la riabilitazione dei partecipanti, per rieducarli alla vita normale”. Trovò una sua via alla “normalità” nell’impegno [personale e artistico] a tirar fuori il meglio di sé, e questo gli fa onore. Tanto che adesso ch’è morto – beffato dalla sorte, come tutti i guerrieri e gli eroi – a me dispiace davvero. Non solo perché le prove che ha dato di sé come attore sono state piuttosto convincenti [benché “Taricone non era De Niro e neanche Mastroianni”, come scrive Andrea Scanzi sulla Stampa, scomodando nomi grossi per un onesto paragone], ma anche perché era uno che viveva come voleva, diceva quel che pensava, e lo faceva con una discreta dose di coraggio, onestà e ironia. E credo che, almeno su questo, i differenti giudizi su di lui possano concordare.
io invece mi incazzai parecchio perchè il comune di caserta organizzò una festa per pietro mentre la piccola orchestra avion travel proprio quell’anno vinse sanremo e le istituzioni cittadine non se li filarono proprio.
Caro Gennaro, come sai certi atteggiamenti e certe scelte hanno logiche tutte loro, specie dalle nostre parti… Un abbraccio!