“Non ci sono i soldi, bisogna tagliare la spesa”. E, nella maggior parte dei casi, si taglia la spesa sociale, per l’istruzione, per la cultura. Cioè si taglia la speranza che questo Paese esca dalla crisi con un’economia ed una società più sane di prima. Alfredo Amodeo spiegò su questo blog come il governo Berlusconi avesse, con la scusa della crisi, praticamente azzerato i fondi per le politiche sociali e come si potesse invece riformare e rendere più efficiente quel settore di spesa pubblica. Quello che bisogna invece ribadire qui è che l’assunto che “i soldi non ci sono” non è poi mica tanto vero. I soldi ci sono, bisogna avere il coraggio di andarli a prendere dove stanno. Ecco due idee. Continua a leggere
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La recessione è donna (ma anche la ripresa)

Il Ministro del lavoro e del welfare Elsa Fornero, foto tratta da http://www.rainews24.it
In italiano sia la parola recessione che la parola ripresa sono femminili, non è un caso. L’attuale recessione economica non ha colpito tutti ugualmente e la prossima ripresa, se ci sarà, dipenderà da come saranno colmate le differenze attualmente esistenti non solo tra diversi ceti sociali o aree geografiche ma anche tra generi. E’ una questione importante da affrontare nel momento in cui in Italia si discute una riforma del mercato del lavoro ad un tavolo in cui siedono, apparentemente in posizioni importanti, tre donne: il Ministro del lavoro, la presidente di Confindustria ed il Segretario generale del maggiore sindacato. Per discutere di questo tema ci aiuteremo parlando del caso americano, affrontato in questo articolo di Francesca Bettio su ingenere.it. Continua a leggere
Come muore una politica (sociale)
I promotori di “Sbilanciamoci” e un ampio cartello di soggetti della cittadinanza attiva che va sotto il nome di “I diritti alzano la voce” hanno presentato il Libro Nero sul Welfare italiano. Come il Governo italiano con le manovre economico-finanziarie e la legge delega fiscale e assistenziale sta distruggendo le politiche sociali e azzerando la spesa per i diritti, un dossier che analizza l’impatto degli ultimi provvedimenti in materia di finanza pubblica del Governo Berlusconi sul settore del welfare e sull’insieme dei diritti ad esso collegato.
I dati e le informazioni proposte ci pongono dinanzi ad uno scenario drammatico, per il welfare italiano, sottoposto ad una pesantissima contrazione della spesa. E’ stato calcolato che tra il 2007 e il 2013 si realizzerà una riduzione degli stanziamenti a favore dei fondi nazionali da 1.594 a 144 milioni di euro. Continua a leggere
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La Tobin Tax e l’Europa possibile

James Tobin, "inventore" della Tassa sulle Transazioni Finanziarie. Foto tratta da http://www.nobelprize.org
Una delle cose importanti dette ieri sera su Rai3 dal Primo ministro Mario Monti riguarda la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Il governo Berlusconi era fermamente contrario ma ora il nuovo Presidente del consiglio, allievo dello stesso Tobin, ha cambiato la posizione del nostro Paese. Questo si somma all’insistenza francese per introdurre questa misura rapidamente mentre la Germania, che precedentemente insisteva che o la tassa veniva adottata da tutti e 27 i membri dell’UE oppure non si poteva fare, è ora più possibilista. Vediamo meglio di cosa si sta parlando e quali effetti potrebbe produrre. Continua a leggere
Guardando dentro la manovra di Monti
Nei provvedimenti del governo Monti ci sono alcune cose positive e timide, altre fortemente inique e spregiudicate, altre ancora semplicemente assenti (o quasi). Quali sono le prime? Le tasse su alcuni beni di lusso, l’imposta di bollo su tutte le attività finanziarie e non solo su quelle in “deposito titoli”, l’imposizione una tantum sui capitali rientrati sullo scudo fiscale. Vengono presentate come una “mini-patrimoniale”, ma non lo sono. Prendiamo l’ultima: una tassa una tantum dell’1,5% è davvero bassa (ricordate quanto già era stato giustamente contestato il misero 5% richiesto per far rientrare i capitali?), tanto più che, essendo una tantum, non rischia di far “fuggire” i suddetti capitali, dato che i loro proprietari non hanno ragione di aspettarsi che le tasse per i loro patrimoni aumentino permanentemente. Continua a leggere
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Risanamento del debito e cementificazione: tutti i salmi finiscono in gloria?

Luca Cordero di Montezemolo, foto tratta da http://www.adnkronos.com
“Vendere. Vendere e casomai costruiamo qualche infrastruttura”. Era il 14 agosto di quest’anno e Montezemolo, in un’intervista al Corriere della Sera, usava queste parole per sostenere l’idea di una grande dismissione del patrimonio pubblico per ridurre il debito. La crisi della finanza pubblica italiana stava, in quei giorni, deflagrando e il governo Berlusconi si stava “impegnando” in quelle manovre e contro manovre la cui inconcludenza ha determinato gli sviluppi politici di questi giorni. Nel trambusto di queste settimane, in cui si è discusso di tutto, quest’idea della dismissione ha continuato a circolare “indisturbata”. Essa, tuttavia, nonostante la semplicità che la rende attraente, lungi dall’essere un’idea innocente è controversa e nient’affatto neutrale. Merita, pertanto, qualche commento.
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Dieci idee contro la precarietà e la crisi

Nouriel Roubini, l'economista che ha previsto la crisi e che ora sostiene l'inscindibilità tra lotta alla disuguaglianza, sviluppo e legittimità democratica. Foto tratta da http://www.project-syndicate.org
La precarietà non è un destino, ma il frutto di processi economici e di scelte politiche. E non bisogna pensare che l’uscita dall’attuale crisi comporti inevitabilmente un’ulteriore compressione dei diritti e delle prospettive della parte più debole e più giovane della società. Bisogna far lavorare la testa, rifiutare le analisi preconfezionate, studiare molto e proporre tante alternative. Ecco perché è importante l’appuntamento del 19 e 20 novembre per la prima assemblea nazionale della rete anti-precarietà “Il nostro tempo è adesso”: qui l’ appello “fondativo” della scorsa primavera e qui invece la convocazione dell’assemblea. La cosa più importante che uscirà da questo appuntamento è il “decalogo” contro la precarietà: dieci proposte di politiche concrete per eliminare l’instabilità, che non è solo lavorativa ma che abbraccia più aspetti dell’esistenza. Continua a leggere
Le riforme inevitabili

La disoccupazione giovanile nei diversi paesi del mondo, tratto da http://www.sbilanciamoci.info
Si sente molto parlare in questi giorni di “riforme inevitabili e dolorose” di cui il Paese ha bisogno: prima fra tutte la riforma delle pensioni e in generale il “dimagrimento” del welfare. Anche i commentatori radiofonici più ascoltati (per esempio “l’indignato speciale” di domenica) si affrettano a dire che “il Paese ha vissuto al di sopra dei propri mezzi” e che ora bisogna cambiare stile di vita. Un’affermazione questa che, ogni volta che viene ripetuta da un commentatore-editorialista-giornalista, non fa che certificare la distanza dal Paese reale di chi la pronuncia: perché quello che succede da diversi anni è che diminuiscono anche i consumi alimentari mentre il 40% della popolazione è “vulnerabile alla povertà”, cioè non è povero al momento ma può diventarlo molto facilmente. Tuttavia, lamentarsi o, nella migliore delle ipotesi, descrivere la situazione non basta. Perché ci sono delle riforme davvero inevitabili da fare per evitare lo scenario di un Paese dove la maggioranza della popolazione diventa sempre più povera, insicura ed esclusa. Ne abbiamo già parlato varie volte (qui si possono leggere i nostri post sulla risposta possibile alla crisi) ma ci preme qui discutere alcune idee nuove.
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Il Partito della Rendita
Che fine farà l’Italia? Se lo chiedono in tante e tanti, spesso senza sapere che ci sono alternative al disastro. Eppure, nulla è inevitabile, un’altra finanziaria e un’altra politica economica si possono fare, l’abbiamo detto più volte. E abbiamo descritto quali sono le scelte che potrebbero essere prese e come. Ogni politica economica ha un “partito”, una coalizione sociale, un aggregato di interessi e di poteri di riferimento che la sostiene, che condivide quelle scelte per varie ragioni, prima tra tutte perché così gli conviene e poi perché si ritiene nel giusto. Questo aggregato in Italia oggi esiste e possiamo chiamarlo il “Partito della Rendita”. In questo modo è possibile spiegare molte scelte del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dei governi di centrodestra degli ultimi 15 anni. Anche quelle apparentemente più incomprensibili e impopolari nella stessa coalizione di governo.