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Le donne come preda per il potere. Una storia su Gheddafi che parla anche all’Italia

immagine tratta da libya.tv

E’ il libro della giornalista francese Annick Cojean, The Prey, a riportare l’attenzione su uno dei tabù più pericolosi della società libica ma anche della nostra, moderna, occidentale società contemporanea. La Preda parla di donne (e in alcuni casi giovani uomini) scelte e prelevate per compiacere sessualmente l’ex signore della Libia Muhammar Gheddafi. Non una pratica capricciosa e casuale ma un sistema di reclutamento condotto con meticolosa perizia dal suo entourage. Che riguardava tutte le donne, dalle figlie di ministri e generali (che appena potevano mandavano le figlie maggiori all’estero) alle figlie del popolo, prelevate dalle visite ufficiali a scuole e villaggi. O ragazze straniere abbordate nelle discoteche di Parigi o di altre capitali. Donne che finivano a vivere all’interno della fortezza di Bab Al Azizia per qualche mese o per qualche anno. Anche alle donne straniere, in visita in Libia, poteva capitare di sentirsi bussare alla porta da un’infermiera per chiedere un prelievo di sangue. A quanto pare una misura di prevenzione contro l’Aids, nel caso Gheddafi decidesse di assecondare la propria natura. Annick Cojean arriva in Libia come inviata di Le Monde e cerca di documentare attraverso testimonianze dirette gli abusi di Gheddafi. Ma per la società libica lo stupro è un tabù e le sue vittime delle donne senza volto. Così come le donne velate integralmente che spesso decidevano di scomparire per non esporsi agli occhi dei possibili carnefici. Continua a leggere

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Il valore della vita (dei migranti)

Pochi minuti fa ci ha chiamato Yusuf Aminu Baba. E’ un ragazzo nigeriano di 30 anni. Migrante.  E’ il protagonista di A SUD di LAMPEDUSA, il documentario che abbiamo girato insieme 5 anni fa nel deserto del Niger. Da allora ogni tanto ci chiama, per salutarci.

Questa volta la telefonata non era uguale alle altre. Ci ha detto: “Sono a Zuwarah, sulla costa libica, tra poche ore partirò per Lampedusa. Pregate per me. Ho bisogno delle vostre preghiere e dell’aiuto di Dio”.Gli abbiamo detto: “Non partire, è pericoloso”. Lui ci ha detto: “Stare qui è più pericoloso”.

Yusuf partirà. Forse è già partito mentre leggete queste righe. Chissà se mai arriverà o se finirà come molti altri inghiottito dal Mediterraneo.

E dall’indifferenza. Continua a leggere

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Libia, che fare

Oggi il parlamento italiano “discuterà” dell’intervento internazionale in Libia. Le virgolette sono d’obbligo, visto che di dibattito vero tra opzioni diverse ce ne sarà poco, così com’è d’obbligo non solo provare a capire cosa sta succedendo ma anche chiedersi cosa potrebbero fare la nostra politica e i nostri partiti. Sono emerse finora diverse posizioni: quella dei favorevoli all’intervento tout court, soprattutto alla luce dell’approvazione dell’Onu e dell’urgenza umanitaria; quella di chi ha dato un sì condizionato come il documentarista Andrea Segre qui sotto; quella di chi dice “né con Gheddafi né con i bombardamenti” come il leader di SEL Nichi Vendola; quella della Lega che si preoccupa prevalentemente della lotta agli immigrati e agli sfollati. Vediamo di capirci di più, anche in vista della manifestazione di sabato, originariamente prevista sui temi dell’acqua pubblica e del nucleare ma che ora si sta allargando al fronte pacifista. Continua a leggere

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Libia. Un intervento del regista Andrea Segre

Che atteggiamento avere rispetto alla guerra in Libia? Se lo chiedono in molte e molti. Andrea Segre è uno che va ascoltato (qui la sua biografia), soprattutto perché di Libia si è già occupato con il suo documentario “Come un uomo sulla terra” che si occupava di Libia, immigrazione e accordi con l’Italia e che dipingeva una realtà che in molti hanno fatto finta di non vedere. Ecco quello che ha scritto lunedì.

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La debacle diplomatica europea

Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera dell'UE

La dimostrazione dell’inesistenza di una diplomazia europea: è questo il solo effetto concreto che hanno avuto sulla sponda nord del Mediterraneo le rivoluzioni arabe in Egitto, Tunisia, Barhein, Libia. L’UE si è accontentata di prendere atto della caduta di alcune dittature “amiche”, senza riuscire a prendere la minima iniziativa; cerchiamo di capire le cause di un atteggiamento che tradisce imbarazzo ed egoismo.

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