Ieri sera il governo ha concluso la trattativa sulla riforma del lavoro e, dopo altre riunioni “tecniche”, sottoporrà la sua proposta al parlamento. Analizzeremo con più calma queste proposte nei prossimi giorni, vale la pena però ora considerare alcuni elementi che ci aiutano a capire quale può essere l’obiettivo non dichiarato della riforma e quali le sue conseguenze. Continua a leggere
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Immobile sarà lei. Perché in Italia se nasci povero ci rimani.
In questo paese una analisi seria da parte della classe dirigente sulla condizione di quotidiana precarietà cui sono condannati donne, giovani e meno giovani rispetto alla dimensione dei diritti sociali e del lavoro, continua a rimanere un’utopia. Siamo passati dalla polemica sui bamboccioni di Tommaso Padoa Schioppa alle esternazioni del trio Monti, Martone, Cancelleri, passando per quelle della triade Berlusconi, Sacconi, Brunetta. Uscite che hanno trasmesso un’idea umiliante di questo paese descritto come pigro e privo di dinamismo sociale ed economico. Un paese in cui i più giovani (ma non solo loro) non vorrebbero mai recidere il cordone ombelicale con la famiglia, desidererebbero rimanere parcheggiati all’università, avere la sicurezza del posto fisso e, per finire, difendere i privilegi assicuratisi negli anni attraverso l’articolo 18. In poche parole, punti di vista che sembrano rientrare, più che nel campo dell’analisi, in quello dell’illusionismo, ovvero dell’arte di sviare l’attenzione dirigendola verso un punto per distogliendola, una volta ancora, da altri. Continua a leggere
Invece della “cura greca”
Mentre Atene brucia sono in molti a chiedersi se la via crucis imposta alla Grecia sia l’unica via d’uscita alla crisi debitoria del paese. Senza inoltrarci nell’enorme questione democratica sollevata dai famigerati “diktat della troika” imposti al parlamento ellenico e dallo svuotamento delle istituzioni elette, proviamo a concentrarci sull’analisi di queste manovre e sulle possibilità che esse sortiscano un effetto positivo. Continua a leggere
Il vento che soffia dal sud. Il Mezzogiorno perso tra recessione e ribellismo
Se sul reale spirito di cambiamento del Movimento dei forconi si possono nutrire dubbi per le biografie delle persone che si sono fatte promotrici delle azioni di protesta, è altrettanto evidente come questi eventi segnalino la rottura nel Mezzogiorno di equilibri politici e sociali.
Tutte le analisi socio-economiche condotte negli ultimi anni descrivono infatti un’Italia in cui coesistono un Nord con livelli di benessere in linea con la realtà europea e un Sud con rischi di povertà o esclusione prossimi a quelli del Nord Africa.
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Anniversari
Sono passati diciassette anni. Il 27 marzo 1994 Silvio Berlusconi vinse, per la prima volta, le elezioni per la camera dei deputati. Al senato non raccolse una maggioranza netta. Ottenne la fiducia solo grazie al cambiamento di casacca di alcuni parlamentari centristi. Tra di loro, Giulio Tremonti.
Ne sono passati invece solo due di anni dal nostro primo post. Ma qui non vogliamo celebrare il nostro compleanno bensì ragionare sull’altro anniversario: è tempo di fare qualche bilancio anche se il berlusconismo non sembra esattamente finito. Continua a leggere
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Il “nuovo centro” che il PD non vede
Nel PD e su alcuni grandi giornali non si parla d’altro: rinunciare alle primarie è la condizione necessaria per costruire un’ alleanza che vada da Fini a Diliberto per constrastare la minaccia autoritaria dell’attuale centrodestra. Una visione miope e improbabile (Fini e Casini hanno già detto di no molte volte ad uno schieramento che includa Di Pietro e Vendola) e che può portare a due scenari uno peggiore dell’altro: un’alleanza che comprenda solo il PD e il Terzo Polo e che secondo un sondaggio di Diamanti poco citato avrebbe solo il 30,8%, lasciando il 28,8% a SEL, IDV e FdS e ovviamente facendo vincere il centrodestra con meno del 40% dei voti; oppure un centrosinistra privo di idee, che arriva alle elezioni impreparato, senza aver tenuto le primarie e senza aver mobilitato i propri elettori. Insomma, quanto già successo nelle regionali laziali. Continua a leggere
Se i 5 punti fossero questi
Il Presidente del consiglio Silvio Berlusconi si appresta a spiegare il suo programma in 5 punti con il quale intende rilanciare l’azione di governo. Noi di Italia2013 abbiamo provato a fare un gioco, abbastanza serio: immaginare cosa potrebbe dire un ipotetico Presidente del consiglio di centrosinistra se fosse al posto del leader del Pdl. Per comodità, abbiamo organizzato le nostre proposte in altrettanti 5 punti.
Lasciamo ora la parola al nostro Presidente del consiglio immaginario. Continua a leggere
Questa volta si può fare
Visti gli avvenimenti di questa estate è lecito pensare che la prossima primavera ci saranno elezioni anticipate. E’ già iniziato il dibattito nel centrosinistra su come vincerle, vale la pena allora fare un ripasso ragionato su come si sono perse le elezioni dal 2008 ad oggi e su quali sono i fattori cruciali a cui guardare per capire quale campagna elettorale fare, su quali temi puntare e quale coalizione formare. Continua a leggere
Anche in Fininvest gli affari vanno male
E’ opinione comune che Silvio Berlusconi sia entrato in politica, anche, per risolvere i guai finanziari delle sue aziende. E’ opinione comune che l’impresa sia, tutto sommato, riuscita: grazie alle leve del potere si è potuta governare la concorrenza con la Rai e grazie alla non soluzione del conflitto di interessi anche il ramo non-televisivo dell’impero abbia giovato della presenza in politica del suo ideatore. E’ andata così? E’ ancora così? Ci aiuta a capirlo questo articolo di un economista di Sbilanciamoci ripreso dal blog di Matteo Bartocci del Manifesto. Continua a leggere