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Le Pietre e il popolo. Ragionando intorno al libro di Tomaso Montanari.

montanariCon le Pietre e il popolo (Minimum fax, 2013) Tomaso Montanari ci consegna un libro a suo modo inquientante, un viaggio nel disastro del patrimonio storico e artistico italiano che attraversa Firenze, Milano, Venezia, si sofferma sulla ferita de L’Aquila, fa una piccola puntata a Roma e di nuovo torna a Firenze e al suo incredibile sindaco alla ricerca dell’affresco di Leonardo da Vinci nella sala del Consiglio Grande di Palazzo Vecchio.

Quello che ci viene raccontato è un panorama fatto non solo di tagli, di incuria e qualche volta di veri e propri crimini commessi contro il nostro patrimonio, come i ripetuti furti alla Biblioteca Nazionale dei Girolamini a Napoli, scandalo che proprio Tomaso Montanari denunciò per primo. Emerge in questo racconto qualcosa di più terribile, un disastro civile e politico, una metamorfosi che non riguarda “semplicemente” – ammesso che sia possibile dire semplicemente – la tutela del patrimonio artistico, ma qualcosa di più profondo, che attiene al cuore della cittadinanza. Continua a leggere

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Indecenza pubblica.

vlGX8z90XkignMPUl8aABwContro il decoro, il saggio di Tamar Pitch è un rapido attraversamento delle scelte nazionali e locali che squarcia il velo ipocrita del discorso pubblico dominante e mostra il carattere illiberale e classista della retorica sul decoro.

Il trentennio che ha visto ritrarsi il welfare ha insistito molto sulla paura, sul rischio e sulla necessità per ognuno – lasciato solo nella responsabilità o nella colpa – di saperlo prevenire. Nello stesso tempo ha depoliticizzato ogni conflitto, riducendo qualunque dialettica a quella tra vittima e carnefice.

In questa costruzione di senso, il decoro e l’indecenza si integrano. E’ così possibile vedere all’opera il paradosso di una classe politica tra le più  immorali farsi guardiana della moralità e, nel suo nome, diventare protagonista delle più feroci politiche di controllo e sicurezza. Continua a leggere

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Il libro di Italia2013, ecco un assaggio

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Esce oggi in libreria il libro scritto dagli autori di questo blog. E’ acquistabile online sul sito dell’editore Ediesse. Pubblichiamo qui di seguito l’introduzione, sperando faccia crescere la curiosità nella potenziale lettrice e nel potenziale lettore.

Questo libro è il frutto di un lavoro collettivo, iniziato nel 2009 con la creazione del blog Italia2013. Scrivemmo allora che il 2013 era una data «vicina e lontana» allo stesso tempo, e che volevamo coltivare idee e analisi per costruire un Paese diverso. Ora quella data è arrivata, e perciò abbiamo deciso di mettere le nostre idee su carta. Non si ripropongono qui i post che si trovano online (e che lì rimarranno), ma si cerca di dare una forma più compiuta ai nostri pensieri. Ciò non vuol dire, però, che quanto scritto qui sia definitivo e chiuso: anzi, l’obiettivo di questo libro è proprio quello di aprire un dibattito e una riflessione. Chi vorrà contattarci su  per organizzare una presentazione, per discutere o anche solo per farci notare che abbiamo sbagliato qualcosa, ci troverà molto ben disposte/i. Basta scrivere un commento alla fine di questo post.

Gli undici capitoli che seguono hanno sicuramente tralasciato dei temi importanti: non era nostra intenzione scrivere un «programma» né affrontare tutti i problemi che la società italiana ha di fronte. Abbiamo cercato di parlare di cose sulle quali avevamo qualcosa da dire – e sulle quali abbiamo scritto di più negli scorsi anni. Sono rimaste comunque fuori per motivi di tempo e spazio questioni a noi care come l’immigrazione e il diritto per chi nasce in Italia di avere la cittadinanza. Continua a leggere

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Crisis Blues. Il racconto della crisi economica e le sue insidie

La piccola fiammiferaia (vedi le conclusioni dell’articolo). Immagine tratta da creationshandmadekawaii

Ci puoi arrivare in diversi modi: per esempio, da un lavoro dipendente (in una delle sue tante varianti) che perdi da un giorno all’altro, o da una libera professione che, dopo anni di crisi via via più pesante, alla fine si ferma completamente. Comunque ci arrivi, la situazione è la stessa: non hai un lavoro e non guadagni un centesimo. Se hai il vantaggio di un po’ di soldi da parte, cominci con qualche rinuncia, tagli le spese superflue e ti cerchi un altro lavoro. Ma non lo trovi. Continua a leggere

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Di che cosa parliamo quando parliamo di lavoro (e di crisi)? Alcune idee sul libro di Stefano Fassina

Il libro "il lavoro prima di tutto" di Stefano Fassina, dal sito dell'editore Donzelli

Del recente libro di Fassina, “Il lavoro prima di tutto. L’economia, la sinistra, i diritti” (Donzelli, 2012, presentazione oggi a Roma alle 17,30) si è detto che costituisce “un tentativo di ripercorrere all’indietro la strada fatta dalla sinistra a partire dal 1989”. La critica, emersa nell’ambito di un dibattito sul quotidiano Europa, ci sembra infondata. Una risposta all’obiezione è stata data dallo stesso autore, ma vorremmo offrire qualche argomento per spiegare perché il giudizio ci sembra avventato (oltre che qualche spunto critico, ma costruttivo).

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Il complesso dell’italiano

foto tratta da firenze.repubblica.it

Nella tragica e complicata vicenda del naufragio della Costa Concordia, la reazione emotiva più forte – tra i commentatori, in rete, nell’opinione pubblica – non è stata il cordoglio per le vittime, né la preoccupazione per un rischio ambientale tuttora gravissimo, ma l’investimento simbolico sulle telefonate tra Gregorio De Falco, comandante della Capitaneria di Livorno, e Francesco Schettino, comandante della nave. Le abbiamo sentite tutti, non avremmo potuto evitarlo neanche volendo. I due uomini sono immediatamente diventati la metafora dell’Italia o, meglio, dell’italiano – Schettino dell’italiano sbruffone e irresponsabile (fa la bravata e poi nega il disastro che ne consegue), De Falco dell’italiano coraggioso e reattivo, che richiama ciascuno alle proprie responsabilità e dà ordini decisi. Il cialtrone e l’eroe. Continua a leggere

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I significati della violenza del 15 ottobre e l’onda lunga del ’77

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“Senza senso”, “folle”, “criminale” e “teppistica”, così è stata definita a caldo l’esplosione di violenza durante il corteo degli indignati, degenerato in scontri tra parte dei manifestanti e le forze dell’ordine, sabato 15 ottobre a Roma.

Mai come in questa occasione, negli ultimi anni, l’impiego della violenza ha risposto, in realtà, ad un disegno razionale e ha portato a risultati politici concreti. “Non piantiamo tende, ma grane”, recitava uno slogan dell’ala dura del movimento. Il primo obiettivo dei violenti, infatti, era impedire l’occupazione pacifica e duratura di piazza San Giovanni, così come accadeva in centinaia di altre città, in Europa e nel resto del mondo. A Roma, invece, si è guardato ad Atene, al modello di conflittualità permanente lì sperimentato.

Ma chi si nasconde dietro il “Blocco nero”?

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Il Partito della Rendita

Che fine farà l’Italia? Se lo chiedono in tante e tanti, spesso senza sapere che ci sono alternative al disastro. Eppure, nulla è inevitabile, un’altra finanziaria e un’altra politica economica si possono fare, l’abbiamo detto più volte. E abbiamo descritto quali sono le scelte che potrebbero essere prese e come. Ogni politica economica ha un “partito”, una coalizione sociale, un aggregato di interessi e di poteri di riferimento che la sostiene, che condivide quelle scelte per varie ragioni, prima tra tutte perché così gli conviene e poi perché si ritiene nel giusto. Questo aggregato in Italia oggi esiste e possiamo chiamarlo il “Partito della Rendita”. In questo modo è possibile spiegare molte scelte del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dei governi di centrodestra degli ultimi 15 anni. Anche quelle apparentemente più incomprensibili e impopolari nella stessa coalizione di governo.

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TQ trailer (semiserio)

Non so voi, ma io detesto gli spoiler: quelli che tu sei ancora a pagina 7 e loro ti dicono chi è l’assassino; quelli che ti spiegano una poesia prima di leggerla; quelli che cantano sopra una canzone, anticipando sempre due o tre parole per farvi vedere che la sanno tutta.

Insomma: non voglio rovinarvi la sorpresa. E non voglio nemmeno imbracare le pagine che seguono con giustificazioni non petite. Siccome ci abbiamo lavorato tre mesi (dal vivo, in streaming, in rete, via skype), ci abbiamo perso il sonno (se dieci ore consecutive di riunione vi sembran poche…); siccome quello che avevamo da dire lo abbiamo messo nero su bianco (e altro ancora, si spera, diremo), non appoggerò il mento sulle vostre spalle per seguirvi passo passo nella lettura, interrompendovi ogni tanto per chiarire la vera intenzione di quella o quell’altra frase. Continua a leggere

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Organizzare i disorganizzati

Barack Obama, il più famoso allievo di Alinsky

Organizzare i disorganizzati. Era questo il titolo della giornata dell’Organizing che si e’ tenuta lo scorso 14 Luglio nell’ambito di Ora Tocca a Noi, la festa nazionale dei giovani della Cgil e della rivista Molecoleonline.it. Un titolo di per se’ evocativo dei temi e delle esperienze al centro della giornata: l’obiettivo della costruzione del potere (quello dei deboli) ed il modo di costruirlo in una societa’ plurale e frammentata. Il pensiero – e di questo ha parlato Mattia Diletti, ricercatore in scienza politica alla Sapienza – non puo’ che andare alla riflessione ed ancor di piu’ all’azione di Saul Alinsky che, nello storico distretto del meatpacking della Chicago degli anni trenta – il Back of the Yards – era stato protagonista di uno dei piu’ straordinari esempi di sindacalizzazione e di costruzione comunitaria della storia d’America. Al centro della sua ricetta stava l’idea che il potere degli esclusi lo si edificasse sulla base della loro stessa percezione dei propri interessi (prima ancora che su schemi culturali di importazione), sul coinvolgimento del territorio (quella community sempre presente nel discorso politico americano), sulla tessitura di coalizioni sociali larghe ed infine sulla laboriosa costruzione di leadership naturali ed “indigene”, che fossero espressioni diretta dei gruppi mobilitati.    Continua a leggere

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