Ma perchè un uomo “qualunque” come Pisapia (perché diciamolo, non ha certo il carisma di Obama!) ha saputo coinvolgere tante persone a Milano, fino a farle diventare un movimento spontaneo che continuamente ingrossava le sue fila? Milano si è risvegliata ma davvero dormiva? E perché proprio ora? Me lo chiedo da un po’ e oggi provo a riflettere. Continua a leggere
Archivi del mese: Maggio 2011
La Milano che non può votare
Questo fine settimana si svolgera’ il secondo turno di importanti elezioni amministrative nella seconda e nella terza citta’ italiane. E’ giusto guardare ai dati dell’affluenza alle urne per capire lo stato di salute delle nostre democrazie locali. Allo stesso tempo, non si possono ignorare le centinaia di migliaia di abitanti di quelle citta’ che in quelle percentuali non e’ rappresentato. Ci troviamo di fronte al paradosso di citta’ con sempre meno elettori ma sempre piu’ residenti effettivi: la citta’ formale assomiglia sempre meno a quella reale. Milano e’ da questo punto di vista un esempio perfetto.
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Le mani in tasca agli italiani
Questo governo si è sempre vantato di rimettere a posto i conti pubblici “senza mettere le mani in tasca agli italiani”. E’ una delle sue tante bugie, tanto più pesante se letta alla luce di quanto affermato ieri dalla Corte dei Conti: ci aspettano tempi duri, altri “sacrifici inevitabili” per “risanare i conti”. Un ritornello sentito già mille volte, più o meno dai primi anni novanta: l’epoca delle grandi manovre finanziarie ma anche, come abbiamo scritto qui, del significativo aumento delle disuguaglianze. Tra il 1991 ed il 1993 la concomitanza tra la crisi economica e le politiche di rigore finanziario portò ad un aumento delle disuguaglianze del 5%. Non abbiamo più recuperato quello squilibrio e ancora non si sa quanti e quali aumenti dell’indice di Gini (che misura appunto le differenze di reddito all’interno di un Paese) siano stati prodotti dall’attuale crisi combinata con le politiche di Giulio Tremonti. Vediamo infatti con che criterio agisce questo governo quando afferma di non chiedere soldi agli italiani.
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Repubblica del Sol: il giorno dopo
E’ difficile sottovalutare l’importanza del voto amministrativo di domenica scorsa in Spagna. Il partito di Zapatero, come abbiamo scritto qui, ha vissuto una débâcle paragonabile a quella della socialdemocrazia tedesca alle politiche di due anni fa (una sintesi qui) quando vide ridurre di un terzo i propri consensi. Nel caso spagnolo, oltre all’arretramento in termini di voti, va rilevata la perdita di potere territoriale: la città più grande ad essere amministrata dal PSOE sarà, con tutta probabilità, Vigo, in Galizia: un comune di 300mila abitanti. Governare costa caro, in tempi di crisi. Non c’è dubbio. Ma proprio il confronto con la vicenda tedesca consente di coltivare qualche speranza. La SPD non tardò a fare autocritica, invertire rotta e riprendersi (lo raccontammo qui): vedremo se e in che misura i socialisti spagnoli faranno tesoro della sconfitta.
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A che punto sta il referendum
Oggi e domani presidio (anche serale) davanti a Montecitorio per impedire che il parlamento blocchi il referendum sul nucleare. C’è chi l’ha definita “Puerta del Sol a Montecitorio” perché l’idea è quella di riproporre un accampamento permanente per la difesa della democrazia. Ma a che punto sta il tentativo di impedire l’esercizio di questo diritto costituzionale? Bisogna leggersi questa intervista al costituzionalista Alberto Lucarelli che è stato uno dei promotori dei quesiti sull’acqua e che, notizia di sabato, potrebbe diventare un assessore della giunta De Magistris a Napoli in caso di vittoria: un motivo di più per i napoletani per vincere ogni resistenza e andare a votare domenica e lunedì prossimi.
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Elezioni (non troppo) indignate
Gli indignados di Sol sostengono che la vera democrazia sia in piazza con loro, e ostentano disinteresse per gli scontri di una classe politica che non li rappresenta più. Ma le urne di Spagna (tutto il paese è stato chiamato a votare ieri per le elezioni regionali e amministrative) consegnano l’avviso di sfratto all’ex stella del socialismo europeo Zapatero, che chiude definitivamente il suo ciclo politico. Continua a leggere
La Moratti è liquida, noi no
Manca una settimana al ballottaggio per le elezioni che potrebbero sancire definitivamente la vittoria di Giuliano Pisapia e la sconfitta di Letizia Moratti per la carica di sindaco di Milano. Berlusconi e la Lega ci hanno fatto conoscere ribaltamenti inattesi (ma non troppo) di risultati elettorali che credevamo potessero essere a noi favorevoli. Ma, qualsiasi cosa possa accadere, è successo qualcosa che cambierà Milano e l’Italia e che sta dentro a cambiamenti globali che in questi mesi hanno come epicentro l’area del Mediterraneo.
Nella corsa di Pisapia e delle migliaia di cittadini, compagni, volontari, iniziata a luglio dell’anno scorso, ci sono delle caratteristiche e dei fattori specificamente milanesi e ce ne sono altri che riguardano la dimensione globale.
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“Qui si fa la storia”, cronache da Puerta del Sol
Il movimento della Puerta del Sol (e di moltissime altre piazze spagnole) ha vinto la sua prima, simbolica, battaglia. Nessuno sgombero allo scoccare della mezzanotte, come avrebbe voluto la Commisione elettorale centrale, in ossequio alla norma che impone la fine della propaganda prima del voto di domenica. Semplicemente impossibile: la quantità di gente è enorme, nemmeno pensabile che i poliziotti si mettano a far allontanare decine di migliaia di indignados. Rispetto a giovedi, le persone si sono moltiplicate, difficile stabilire per quante volte. Un’autentica marea umana ha sfidato il divieto di manifestazione scattato alle 24 di venerdi, senza cadere in nessuna provocazione.
Sol dell’avvenire
Prime impressioni dalla Puerta del Sol, raccolte giovedi fra le 20 e le 23. In primo luogo, la netta sensazione che ci sia molta gente, ben di più che al corteo per l’ottantesimo anniversario della Seconda Repubblica (lo scorso 14 aprile) o a quello tradizionale del Primo Maggio, convocato dai sindacati confederali Comisiones Obreras e Ugt. Stragrande maggioranza di persone fra i 20 e i 30 anni, pochi giovanissimi e quasi nessun over-50: guardandosi attorno, i look non sono da proletari di periferia, ma da universitari metropolitani. Mi addentro, leggo i primi cartelli (ce ne sono tantissimi), affissi sulla base di un monumento: un lungo proclama anarchicheggiante e addirittura un “né rossi né neri, ma liberi pensieri”, scritto in italiano. Sensazione sgradevole. Per fortuna, quest’ultimo si rivelerà un caso isolato, mentre i messaggi di tono e contenuto anarchico si ripeteranno. D’altronde, siamo in Spagna. Ma la maggioranza dei cartelli affissi risultano essere (con mio sollievo) critiche ai banchieri, al capitalismo, alla legge elettorale (We d’hont like this voting sistem, con il gioco di parole sul metodo d’hont, che rende tendenzialmente bipartitico il sistema politico spagnolo) e ai due partiti maggioritari, alla corruzione. Qualche richiamo al maggio parigino e a Tahrir, nessuno a Seattle o Genova. Ci sono anche curiosi, studenti stranieri e turisti.
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La Repubblica del sole
Centinaia se non migliaia di giovani accampati a Puerta del Sol, la piazza principale di Madrid, da domenica scorsa. Altri che hanno “conquistato” posizioni analoghe in altre città del Paese, prima fra tutte Barcellona. Oggi pomeriggio si mobiliteranno anche gli spagnoli di Torino, qui la loro pagina Facebook. Il movimento spagnolo degli indignados ha diverse sigle, le due più importanti sono “15M”, cioè quindici maggio, dalla data di inizio e “DRY” che poi sta per “Democracia Real Ya!”. Continua a leggere