Archivi del mese: dicembre 2010

Realismo e ambizione. Ancora sulla proposta Bersani

L’articolo sul Manifesto di sabato di Diletti e Toaldo suggerisce un interrogativo non irrilevante: è possibile raccogliere un sufficiente consenso popolare attorno alla proposta  di andare al voto con una grande alleanza costituzionale?

Il punto, infatti, è che la sussistenza di questa necessità, di cui parlava Prospero sul Manifesto di giovedì scorso, non è condizione sufficiente per vincere. Diletti e Toaldo lo spiegano molto bene. C’è una vasta area di elettorato che o non vota o che, pur essendosi schierata a sinistra in passato, nel 2008 ha votato per Berlusconi.

Insomma, la sfida ineludibile nella prossima campagna elettorale è quella di individuare una serie di buoni argomenti per “donne che fanno  mestieri precari o addirittura lavorano nell’economia informale” e per “i nuovi astensionisti” a cui fanno riferimento Diletti e Toaldo. L’impresentabilità di Berlusconi, per quanto certa, non è un argomento spendibile, comunque non vincente. Continua a leggere

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Come non tornare a perdere

Giovedì sul Manifesto Michele Prospero ha scritto della necessità di creare una grande coalizione “costituzionale” che, sulla base di un programma minimo, includa la sinistra, il PD e il Polo della Nazione. Ieri Pierluigi Bersani ha forzato il ragionamento dicendo che, pur di costruire un’alleanza così larga, si potrebbe rinunciare anche a tenere le primarie. E’ già cominciato su Repubblica il refrain a favore di questo schema: bisogna essere realisti, rinunciare alla propria identità e ingoiare il boccone amaro. Cerchiamo allora di essere realisti, cioè di partire dalla realtà che in politica è anche quella elettorale. Continua a leggere

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I lacrimogeni al tempo di Facebook

Ci eravamo detti di scrivere un post sugli scontri di martedì, a mente un po’ più fredda, avendo letto le analisi e cronache migliori, quelle senza paraocchi dei giornalisti presenti nella piazza (diverse erano buone, vi segnaliamo Sara Menafra de “il Manifesto” mercoledì 15; lo stesso giorno Giovanni Bianconi sul “Corriere” e Lucia Annunziata oggi sulla Stampa).

Serviva capire chi c’era, come erano andate le cose, da dove venivano le persone, come mai erano così giovani ecc. ecc. Di tutto l’infinito scibile che trovate in rete, vi rinviamo a un anonimo “Masaniello 2012” su youtube, che semplicemente ha il pregio di dare un’idea delle manovre “militari” nella incustodita Piazza del Popolo, dove si sentono i cori da stadio che hanno caratterizzato questo e altri cortei – lo stadio e il calcio sono il paradigma culturale che informano la politica, trent’anni fa era l’inverso – si osservano le dinamiche di conquista della piazza, l’uso dei blindati come si fosse in un vero campo di battaglia, l’applauso di migliaia di ragazzi giovanissimi (giovanissimi come a Londra, Atene, Parigi…) che gioiscono collettivamente quando il mezzo della Guardia di Finanza prende fuoco, come se la Roma avesse segnato un gol… ci si fa un’idea. Continua a leggere

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5 cose da fare ora

Alcuni avevano aspettato il voto del 14 dicembre come se fosse un nuovo 25 luglio: un crollo interno del regime con alcuni suoi esponenti di spicco che depongono il Capo. Per altri era una strategia più sofisticata, attraverso una sfida simbolica e culturale dentro il campo della destra – attraverso la fondazione Fare Futuro – e la ricerca di spazi di alleanza dentro la società e con i poteri “forti” – stanchi e divisi – disposti a opporsi al regno di Silvio Berlusconi. Perché abbattere Berlusconi non può essere solo congiura “di palazzo”, e la strana destra di Fini aveva compreso la complessità della sfida più di quanto abbia fatto il centrosinistra dal 2008 ad oggi. Questa intuizione aveva prodotto strumenti adeguati agli obiettivi? Col senno di poi, no. Ma la “congiura” era il passaggio più importante: per ora non ha funzionato, ha vinto Berlusconi. Continua a leggere

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Come la sussidiarietà può salvare l’Italia

Il principio di sussidiarietà, introdotto nella nostra costituzione nel 2001, compie dieci anni.

Eppure fatica ad affermarsi l’idea (e la prassi) che attori diversi , a diversi livelli gravitazionali, possano farsi carico dello spazio pubblico in termini di responsabilità, decisione e gestione.

Lo spazio pubblico, inteso come luogo ideale e concreto delle relazioni e dello sviluppo della collettività, risulta sempre più spesso come uno spazio desolato, teatro di controversie di potere, di corruzione, di abbandono, di conflitto sociale.

A questo fenomeno di desertificazione, culturale e politica prima che economica, dello spazio pubblico, si accompagnano visioni, spesso parziali – e furbette -, della sussidierietà: da un’impostazione selvatica e secessionista del governo delle Regioni, a una semplificazione miope del processo attraverso il quale il privato fa il suo ingresso nella gestione dei servizi.

Il tema del cambiamento secondo un indirizzo di sussidiarietà, si pone quindi in un contesto complesso e “torbido”, nel quale le riforme, oltre ad enunciazioni di principio, sono materia viva di un processo in atto.

In questo quadro, ricercatori, esponenti politici, amministratori e rappresentanti delle organizzazioni civiche si incontrano per dialogare sul libro di Gregorio Arena e Giuseppe Cotturri edito da Carocci “Il valore aggiunto, che ha al suo centro proprio la sfida della sussidiarietà e, appunto, quella del “valore aggiunto” della cittadinanza attiva per “salvare l’Italia”.

L’incontro, presieduto da Giovanni Moro, si terrà il 16 dicembre 2010 alle ore 17,00 nella sede della Provincia di Roma-Palazzo Valentini presso la Sala della Pace
Animeranno la discussione gli interventi di Cecilia D’Elia, Luca Antonini, Carlo Mochi, Laura Pennacchi e Livia Turco. Saranno presenti gli autori

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Governo tecnico?

Martedì il parlamento voterà diverse mozioni di sfiducia al governo Berlusconi. Non ci interessa qui fare il toto-risultato, né porci la domanda se si sia o meno al tramonto del berlusconismo. Come ha detto Franco Battiato, un tramonto può durare anche parecchio tempo e, aggiungiamo noi, la durata dipende da alcune questioni di fondo su cui, al di là della crisi politica, è bene ragionare fin da ora: una delle opzioni in caso di voto di sfiducia, infatti, sarebbe un governo “di responsabilità nazionale” (ma ci sono almeno altre 4 definizioni) che avrebbe il compito di riformare la legge elettorale e fare alcune riforme per tenere in piedi l’economia nella burrasca finanziaria europea. Ne vale la pena?

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Traffico a Roma: il benaltrismo aiuta

Roma è una città che affoga nei suoi problemi e ogni giorno è sempre peggio. A peggiorare la situazione c’è che proprio non sembrano emergere idee nuove che facciano intravedere un miglioramento. E, si sa, produrre idee non è compito dei soli politici, ma anche di intellettuali, ricercatori, giornalisti. Tra i mali di Roma, uno dei peggiori è forse il traffico. Ci sarebbe da scrivere interi libri sul modo con cui ognuno di noi affronta quello che a volte sembra un vero e proprio dramma (alle canzoni ci hanno pensato gli autori “un uomo in Smart”; ma lo stesso Califano ha avuto modo di dire la sua, artisticamente parlando). Continua a leggere

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Privatizzare il Colosseo (e non riuscirci)

I media ne hanno parlato poco, ma la notizia del mancato investimento dei privati per il restauro del Colosseo è clamorosa. L’incapacità del ministro Bondi e del suo collaboratore Mario Resca, direttore generale alla Valorizzazione dei Beni Culturali (!) hanno veramente dell’incredibile.

Il Colosseo è stato definito dall’Unesco, patrimonio dell’umanità ed è anche una delle sette meraviglie del mondo. E’ chiaro ministro? Una delle sette meraviglie. Non una delle tante. Ma una tra (solo) sette. Continua a leggere

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Catalogna, Italia: istruzioni per perdere le elezioni

 

Domenica scorsa, il giorno prima della cinquina rifilata dal Barça al Real Madrid, un’altra cosa importante succede in Catalogna: alle elezioni regionali il centrodestra nazionalista si afferma ai danni di una coalizione di sinistra al governo da sette anni. Scopriamo insieme perchè queste elezioni, apparentemente lontane e locali, hanno molto da dire alla politica italiana.

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Cercasi partito che denunci i propri malfattori

Il diluvio di monete lanciate contro Bettino Craxi davanti al Raphael: per molti della nostra generazione (trentenni o giù di lì), quell’immagine è, purtroppo, uno dei primi ricordi che si possano associare alla parola “politica”. Lì comincia l’equivoca socializzazione di molti di noi, cresciuti pensando che “partito” avesse un significato sinistro, che puzzasse di marcio. Ovviamente, non è così. Ma una cosa, vent’anni fa, era senz’altro vera: l’Italia era un paese in cui dilagava la corruzione. Da allora, tutto è cambiato affinché nulla cambiasse. Nello scorso mese di ottobre, Transparency International ha pubblicato un rapporto sulla diffusione della corruzione nel mondo: l’Italia risulta al 67° posto della classifica, peggiorando ulteriormente rispetto al 2009 (63° posto). Ma non siamo i soli campioni in quest’arte: diamo uno sguardo alla Spagna.

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