I numeri della sconfitta

In queste elezioni regionali non ha vinto Berlusconi, ha perso il centrosinistra. I numeri sono impietosi, anche perchè il raffronto più sensato è quello con le regionali di cinque anni fa, un’altra era geologica: quella che sarebbe diventata di lì a poco l’Unione non solo vinceva in 11 regioni ma prendeva 2milioni di voti in più del centrodestra. L’affluenza complessiva aumentava e, nel Lazio, aumentava di molto portando alla vittoria Piero Marrazzo.

Ma vediamo i numeri.

1. A livello nazionale manca ancora il dato definitivo della Calabria, che quando arriverà renderà il quadro ancora più fosco. Nelle altre 12 regioni il centrosinistra perde 3milioni e 91mila voti, più di un quinto di quelli che conseguì 5 anni fa. Il centrodestra, per dire, nonostante sia calata e di molto l’affluenza perde in tutto poco meno di 90mila voti. In Campania ne prende mezzo milione in più mentre in Veneto avanza di 170mila voti. In tutte le altre regioni perde voti, ma meno del centrosinistra e così vince le sfide più importanti: in Piemonte Cota perde 90mila voti (e non è solo l’UDC che ha cambiato sponda), nel Lazio la Polverini fa addirittura peggio e ne parleremo tra un po’.

2. A franare un po’ dovunque è il Partito Democratico. Rispetto ad Uniti nell’Ulivo del 2005 c’è un calo drastico in alcune regioni rosse: perde tra un quarto e un quinto dei voti assoluti sia in Toscana che in Emilia. In Piemonte, dove 5 anni fa si erano presentati Ds e Margherita, il PD ha ereditato solo il 70% del loro bottino. In Puglia sono andati in fumo più del 27% dei voti. Nel Lazio il PD perde “solo” 104 mila voti. Il paragone più impietoso è quello con le elezioni del 1995: prima dei governi dell’Ulivo e prima della nascita anche solo del percorso che ha portato al PD. Ebbene, in Lazio, Toscana ed Emilia il PDS del 1995 aveva più voti in termini assoluti di quanti ne ha raccolti Uniti nell’Ulivo nel 2005. E poi il PD ha perso una parte anche di quelli: nelle 12 regioni per le quali abbiamo i dati il PD ha perso 1.676.425 voti.

3. Il resto della coalizione non se la passa meglio. Perchè, non tutti ci hanno riflettuto, ma rispetto a 5 anni fa mancano sia metà dei voti della sinistra radicale (che è sostanzialmente ferma rispetto alle europee) sia quelli dell’Udeur, in alcune regioni determinanti. Di Pietro riesce a compensare solo in parte e i candidati non tirano più come prima: sono pochi quelli che riescono a raccogliere molti più consensi rispetto alla coalizione. Gran parte del crollo del centrosinistra si spiega così: il calo del PD, la scomparsa di metà sinistra e l’aumento consolidato dell’astensione. Su questo punto, sul quale oggi si travano numerose analisi, vale la pena di vedere cosa è successo nel Lazio.

4. Nella nostra regione Renata Polverini è stata eletta presidente prendendo il numero minore di voti mai ottenuto da un candidato di centrodestra: dal Michelini del 1995 allo Storace del 2000 e del 2005 il centrodestra aveva sempre preso un po’ più di un milione e mezzo di voti. La Polverini ne ha portati a casa circa 100mila in meno. Nulla se paragonato ai 300mila che si sono persi tra il Marrazzo del 2005 e la Bonino del 2010. Il 64,7% della diminuzione dei voti validi (astensione più bianche e nulle) è di elettori di centrosinistra scomparsi in questi 5 anni. Un dato che sembra oramai consolidato: a Roma i voti validi tra le Europee e le ultime regionali sono uguali. E’ possibile ipotizzare che ci sia una fetta di centinaia di migliaia di elettori di centrosinistra a Roma e nel Lazio che hanno abbandonato la coalizione nel 2008 (politiche, provinciali e comunali) e che non hanno più votato. La Bonino, poi, non è riuscita a compensare il calo dei partiti della sua coalizione come invece era riuscito a Marrazzo: già nel 2005 Uniti nell’Ulivo aveva perso voti e la sinistra radicale era rimasta al palo ma la lista civica del presidente e i voti attribuiti solo a lui furono 475mila. Tra voti personali per la Bonino, lista civica e lista Bonino ne mancano all’appello 200mila.

5. Su Roma le notizie sono invece meno negative. La Bonino ha vinto con un buon margine, anche se con meno voti assoluti di quanti ne prese al primo turno delle comunali Rutelli. La frana del PD è qui più visibile e più recente: -94mila voti in un anno (rispetto alle Europee) e meno 213mila rispetto alle comunali. Rispetto ad allora l’Italia dei Valori prende 75mila voti in più mentre i partiti provenienti dalla Sinistra Arcobaleno (SEL e Federazione della Sinistra) hanno circa 6 mila voti in più rispetto alle comunali. Rispetto alle europee dell’anno scorso invece SEL perde 7mila voti (ma nel frattempo sono fuoriusciti PSI e Verdi che prendono in totale 27mila voti) mentre la Federazione della Sinistra perde un terzo dei suoi consensi. La fine degli anni novanta sembra davvero una vita fa per quest’area politica: allora rappresentava il 20% della coalizione, adesso è il 13%.

In conclusione, queste elezioni non sono state vinte dal centrodestra ma sono state perse dal centrosinistra. Un po’ come le comunali romane di 2 anni fa (vedi qui la nostra analisi), e da allora non sembra che si sia fatto tesoro dell’esperienza. In generale, così come si poteva evincere dalle regionali del 2005 (qui il nostro post) il centrosinistra ha gradualmente buttato a mare il suo patrimonio di voti salvandosi nel 2005 solo grazie alla mobilitazione che c’era stata nella società (pace, articolo 18, girotondi e altro) che portò al voto molti più cittadini che però non si fidarono dei partiti e votarono o per Piero Marrazzo oppure per la sua lista Civica. Il problema è che non sempre si trova un personaggio in grado di sostituire partiti deboli e notabilari.

(Mattia Toaldo)

21 commenti

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21 risposte a “I numeri della sconfitta

  1. per me non è valido il cvonfronto col 2005 ma lo farei con 2008 e 2009

  2. mattiatoaldo

    Si paragonano le mele con le mele, le elezioni regionali con le elezioni regionali. Per dire, sarebbe impietoso paragonare i 439mila voti presi dal PD in tutto il Piemonte a queste regionali con l’oltre mezzo milione preso solo nella circoscrizione Piemonte 1 nel 2008. Allora non solo non c’erano le liste civiche ma c’erano molti più votanti.

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  4. cecilia

    Il problema è capire quanto era già successo con le politiche e le europee e se rispetto a queste ultime consultazioni si è mosso qualcosa. Lo so che si raffrontano mele con mele, ma di mezzo c’è la sconfitta del centrosinistra in Italia. Il 2005 rappresentò una delle punte più alte. Anche Alemanno a Roma vinse sulla perdita degli altri, prendendo in termini assoluti meno voti degli altri candidati sconfitti del centrodestra.

  5. Riccardo Pennisi

    Mi pare che il dato fondamentale sia che dopo due anni di Berlusconi il centrosinistra (soprattutto il PD) è colpito dall’astensionismo in misura simile al partito di governo.

    Magari ci sarà anche un recupero di un paio di punti sulle Europee, ma la tendenza che si consolida invece è quella di una parte dell’elettorato che preferisce non recarsi alle urne piuttosto che votare la proposta politica del centrosinistra.

  6. Francesca

    L’analisi è molto interessante (come sempre).
    Vorrei inserire un paio di elementi ulteriori.

    1. parlando di elettorato semi-fidelizzato, (diverso cioè da “quellichetantovotanocomunqueasinistra”, tipo me, che tornai apposta da una vacanza per andare a votare per badaloni!!!!!!!!!!!!!!!) esiste una sostanziale differenza tra centro-sinistra e centro-destra. L’elettorato di centro-destra strizza l’occhio, comprende, perdona, passa sopra le marachelle….insomma, è un elettorato sul quale la questione morale e le regole della democrazia pesano poco. In termini di consenso elettorale, per esempio, non credo che le escort piuttosto che i rapporti tra Berlusconi e AGcom abbiano pesato. Viceversa, sull’elettorato di centro-sinistra questo tipo di cose pesa tantissimo. Il caso di Marrazzo, per esempio, a mio giudizio ha avuto un effetto forte, molto oltre i confini della regione.
    2. La visibilità dei termini del patto con gli elettori. La destra (intesa in senso lato) rende sempre visibile in modo volgare e spesso insopportabile, i termini del patto con i suoi elettori. Cioè “se vinco ti do l’impunità dalle leggi, la possibilità di evadere il fisco, di portare capitali all’estero, di fare carriera rapida basta che sei bona e la dai, di comprare tutto…dammi il tuo voto e questo basta. Non ci sarà più legge, nè magistratura, nè costituzione, nè senso del pudore. Nulla libertà assoluta, stato di natura. Questo è un grande messaggio. A me fa schifo, ma a tanta gente piace. E noi, che analogo abbiamo?

  7. Mattia d.

    Il punto due è proprio “IL” punto. Sul punto prima, bisognerebbe riflettere sul rapporto tra sinistra e leader, sinistra e “autorità”, che ha forme diverse da quelle del centrodestra. complicato..

  8. Il punto è da dove ricominciamo? Il punto è che la sinistra è diventata meno credibile, che in tutti questi anni e negli ultimi mesi la abbiamo vista concentrata in diatribe interne, non l’abbiamo vista spendersi in maniera coerente e continuativa sui temi come il lavoro, la scuola, l’ambiente. Il problema è che abbiamo perso fiducia nella rappresentanza. Che siamo di fronte ad una politica che guarda il proprio ombelico, piuttosto che progettare e costruire un futuro. Che ha paura di perdere consensi e con questa paura ha perso di fatto consensi e credibilità. Sono preoccupata, perchè fuori dal seggio dove ho votato c’era un giovane consigliere regionale che mentre mi parlava di questione morale buttava distrattamente la carta del pacchetto di sigarette per terra. Sono preoccupata perchè se dico ai miei figli adolescenti che devono rispettare le regole giuste e avere gli strumenti per contestare quelle che ritengono sbagliate, poi non so come giustificare il fatto che il mondo degli adulti parcheggia in doppia fila, non aggiusta la palestra della scuola che cade a pezzi, non paga le tasse. Io non so da dove si possa ricominciare, forse dai bambini, cercando di ricostruire in loro un senso civile e del bene comune, un senso dello stato che mi sembra sia perduto. E ci troviamo di fronte ad una destra ignorante e razzista nella maggioranza dei casi, che non siamo in grado di mettere in minoranza. Perchè c’è una parte di paese che è contenta di buttare la carta per terra, parcheggiare in doppia fila, non pagare le tasse. Perchè è meglio pensare che siano gli immigrati quelli brutti sporchi e cattivi e non noi. Perchè prima delle elezioni la chiesa ha tuonato contro l’aborto e nessuno ha gridato che da una chiesa che è complice di un reato per cui se ti carcerano ti devono mettere in isolamento altrimenti gli altri detenuti ti massacrano, non vogliamo lezioni. Io credo che si debba assolutamente trovare un punto per ricominiciare a darci fiducia a credere che la politica sia un impegno doveroso e prezioso, che è al servizio del cittadino e non dei propri interessi, che si può partecipare.

  9. andrea valeri

    L’articolo è molto ben fatto e offre numerosi spunti di riflessione soprattutto sul fenomeno della cosidetta “astensione” che io credo si sia, trasformata nel corso degli anni da sentimento “passivo” di insofferenza a voto “attivo” indiretto alle politiche proposte, e che meriterebbe come fenomeno politico sociale di essere ulteriormente approfondito soprattutto in rapporto alla reale partecipazione democratica alle scelte dei temi e dei candidati PRIMA del voto.
    Ma ho sempre ritenuto che l’analisi dei numeri dopo una competizione sia un po’ come la sintesi filmata di una partita dopo che il match si è disputato: racconta come andata ma aiuta poco a capire perchè sia andata così…E non sempre dalla prima risposta si riescono a rilevare i prodromi della seconda.
    Occorrerebbe pertanto “arricchire l’articolo di una serie di valutazioni border line” che non hanno sicuramente rilevanza statistica o scientifica ma io credo di notevole peso elettorale.
    Ad esempio rispetto al primo e secondo punto sopra trattato più che alla comparazione delle cifre “tout court”, forse si dovrebbe fare una comparazione tra flussi di “tendeza politica”. Mi spiego meglio: il 95 ed il 05 sono infatti momenti di ripresa del centrosinistra che, dopo le vittorie del 94 e del 2ooo di Berlusconi, si stavano preparando a rivincere le elezioni nel 96 e nel 06 (anche se stentatamente). Questa è la prima volta che, anche se stiamo vivendo il peggiore dei tre governi B, il centrosinistra non recupera al di la del valore del dato. Questo dato a me pare dica molto di più, sulla necessità di mettere in campo, quanto prima, una proposta credibile di alternativa.
    C’è poi un altro aspetto che vorrei sollevare.. il fatto che nelle ultime tre tornate elettorali immancabilmente ogni elezione viene polarizzata dal Premier stesso come un referendum sull’operato del governo senza che questo sia supportato a sinistra da un progetto alternativo.
    Ciò ha l’effetto di chiamare a raccolta i sostenitori del primo e di lasciare interdetti i potenziali elettori di centrosinistra all’interno di un calo che magari è generalizzato anche se non in egual misura.
    Su i voti della sinistra radicale è poi impossibile fare raffronti matematici perché le ultime 4 elezioni dimostrano che quelli non sono dati “comulabili”. In spregio a qualunque dottrina politica e (a qualunque buon senso) è ormai assodato che quando la sinistra si presenta divisa prende più voti di quando è unita con buona pace del progetto arcobaleno. Come dire, non c’è flusso travaso da un un partito ad un altro, ma riemergono una serie di voti che in altre opzioni rimarebbero a casa. Può non piacere, anche perché con l’attuale legge truffa la confina ad un ruolo residuale ma è un fatto. Non è statistico ma coerente con una certa mentalità della gauche elitaria.. Da ciò semmai bisognerebbe trarre la conclusione che l’unico modo di capitalizzare anche questo bacino non sono ne autosufficienze forzate ne fusioni a freddo ma schieramenti di coalizione con programmi condivisi.
    Quarto ed ultimo punto proprio per non confondere le mele con le pere, io non utilizzerei i voti dell’elezione di Alemanno per fare media su nulla. Credo che Roma sia sostanzialmente una città che almeno da vent’anni esprime un voto amministrativo di centrosinistra e che l’ultimo risultato sia stato viziato e falsato dal fattore “Rutelli”. Anche questo è un dato che ha poco a che fare con la statistica ma credo sia sotto gli occhi di tutti la rilevanza che ha avuto.

  10. andrea

    L’articolo è molto ben fatto e offre numerosi spunti di riflessione soprattutto sul fenomeno della cosiddetta astensione che io credo si sia, trasformata nel corso degli anni da sentimento “passivo” di insofferenza a voto “attivo” indiretto alle politiche proposte, e che meriterebbe come fenomeno politico sociale ormai di notevole entità, di essere ulteriormente approfondito soprattutto in rapporto alla reale partecipazione democratica nelle scelte dei temi e dei candidati PRIMA del voto.
    Ho sempre ritenuto che l’analisi dei numeri dopo una competizione, sia un po’ come la sintesi filmata di una partita dopo che il match si è disputato: racconta come sia andata ma aiuta poco a capire il perchè sia andata così…E non sempre dalla prima risposta si riesce a ricavare la seconda.
    Per una più completa analisi occorrerebbe pertanto “arricchire” l’articolo di una serie di criteri di valutazione “border line” che non hanno sicuramente rilevanza statistica ma, io credo, notevole peso elettorale.
    Ad esempio rispetto al primo e secondo punto sopra trattato, più che alla comparazione delle cifre “tout court”, forse si dovrebbe fare una comparazione tra flussi di “tendenza politica”. Mi spiego meglio: il 95 ed il 05 sono infatti momenti di ripresa del centrosinistra che dopo le vittorie del 94 e del 2ooo di Berlusconi si stavano preparando a rivincere le elezioni nel 96 e nel 06 (anche se stentatamente). Questa è la prima volta che nonostante stiamo vivendo il peggiore dei tre governi B il centrosinistra non recupera. Questo confronto a me pare sia molto più indicativo per affermare la necessità quanto prima di mettere in campo una proposta credibile di alternativa.
    C’è poi un altro aspetto che vorrei sollevare.. il fatto che nelle ultime tre tornate elettorali immancabilmente ogni elezione viene polarizzata dal Premier stesso come un referendum sull’operato del governo senza che questo sia supportato a sinistra da un progetto alternativo.
    Ciò ha l’effetto di chiamare a raccolta i sostenitori del primo e di lasciare interdetti i potenziali elettori di centrosinistra, a prescindere da un calo che magari è generalizzato anche se non in egual misura.
    Su i voti della sinistra radicale è poi impossibile fare raffronti perché le ultime 4 elezioni dimostrano che quelli non sono dati cumulabili. Quando la sinistra si presenta divisa prende più voti di quando è unita con buona pace del progetto arcobaleno. Può non piacere, anche perché ciò la confina ad un ruolo residuale, ma è un fatto. Non è statistico ma coerente con una certa mentalità della gauche elitaria.. Da ciò semmai bisognerebbe trarre la conclusione che l’unico modo di capitalizzare anche questo bacino non sono ne autosufficienze forzate ne fusioni a freddo ma ampi schieramenti di coalizione con programmi condivisi.
    Quarto ed ultimo punto, proprio per non confondere le mele con le pere, io non utilizzerei i voti dell’elezione di Alemanno per fare il confronto con nulla. Credo che Roma sia sostanzialmente una città che almeno da vent’anni esprime un voto amministrativo di centrosinistra e che l’ultimo risultato sia stato viziato e falsato dal fattore “Rutelli”. Anche questo mi rendo conto è un dato che ha poco a che fare con la statistica ma credo sia stato sotto gli occhi di tutti la rilevanza e gli effetti di cui paghiamo ancora le conseguenze: come dire spesso si ritiene di cavare dai numeri osservazioni politiche, laddove invece sono spesso queste a giustificare i numeri.

  11. Car*

    si tratta di una delle migliori analisi lette proprio perché su basi statistiche.

    Alcuni miei amici non sono andati a votare per sfiducia nelle strategie del Pd e nel centrosinistra tutto.

    Ad alcuni non piaceva Bonino, ad altri non piaceva De Luca, ad altri non piaceva la Bresso rispetto alla TAV, ecc…

    Farei un paragone con la situazione francese dove c’è stata pure una grande astensione.

    Le tre leader della sinistra Aubry Buffet Duflot sono state in grado di ricompattare l’intera sinistra in nome della “solidarietà” verso gli altri ma anche verso se stessi.

    Noi non abbiamo tali categorie da applicare alla “nostra” sinistra.

    I radicali sono quindi giudicati come elitari e politicamente inappropriati (se non sostanzialmente di destra), i socialisti inaffidabili e social-fascisti, i comunisti dirigisti e liberticidi, i repubblicani borghesi, gli anarchici non partecipano (e comunque sarebbero mal visti dai marxisti anche loro come social-fascisti), ecc…

    Noi abbiamo una difficile tradizione a sinistra, frammentata e tutto fuorché solidale.

    Non saprei proprio come uscirne.

    Il PD dal canto suo è ciò che più ha rappresentato finora la sinistra italiana cioè per lo più un partito totalmente derivato dal cattocomunismo.

    Bersani ha tentato di cambare qualcosina con sostegno a candidature più anomale tipo Bonino, De Luca, Vendola e la stessa Marini.

    Ma in ognuna delle regioni in cui questi sono stati i candidati …nel momento della scelta è sempre sembrata una forzatura alla natura del PD

    Se si inizia male, se non si è solidali dall’inizio, poi è difficile recuperare.

    Vendola c’è riuscito (aiutato dallo stesso PDL), la Bonino – che stimo molto – ha sottovalutato il suo “popolo” ovvero il popolo delle province del lazio, forse occorreva andare a strappare un po’ di voti a Latina, a Frosinone, a Viterbo. I radicali hanno il pregio e il difetto di vivere le vittorie e le sconfitte in modo troppo disincantato, sono appunto un po’ elitari.

    Bresso…e che caspita se la maggioranza del tuo popolo non vuole la TAV per quale motivo dobbiamo per forza avere la TAV? Possibile che la sinistra parlamentare non sappia proporre un modello di sviluppo alternativo? Un modello di trasporto efficace che venga incontro alle richieste del territorio? Non creda in certe strategie del tipo economie alternative e autorganizzate, non creda e non organizzi Gruppi di acquisto solidale, non creda nell’abolizionismo, non riesca a prendere posizioni laiche e rispettose delle differenze, ecc…

    Non riusciremo facilmente ad uscire da questa situazione in primo luogo perché la nostra tradizione politica è ancora troppo intrisa di Novecento…ci occorre forse un po’ di fine Ottocento e anche un po’ di post-moderno per essere finalmente visionari – nel senso pragmatico del termine – almeno quanto le tre francesi.

  12. valerio peverelli

    Già molto ho detto nel mio commento al precedente post.
    Aggiungo alcune considerazioni volanti:

    Candidature di basso livello non aiutano, ha ragione Francesca, l’elettore di sinistra vuole un candidato di qualità, senza se e senza ma. Il notabilame non ci piace, l’apparato non ci piace, il candidato calato dall’alto non ci piace.
    Servono assolutamente candidature forti, condivise, nate dopo consultazioni anche lunghe, e proposte con un certo anticipo perchè la campagna elettorale per chi non ha la TV deve essere lunga. (e la Lega vive di campagne elettorali lunghe)
    Inoltre servono candidati (e candidate, c’è un problema di genere tra gli eletti del centro-sinistra, sopratutto in Calabria e Basilicata) che siano espressione dell’elettorato; ovvero almeno 1/3 di lavoratori (meglio RSU che segretari confederali) e 1/3 di “intellettuali”, persone cioè capaci di parlare nelle fabbirche e di cultura. Sopratutto capaci di parlare alla mente, al cuore e alla pancia del nostro elettorato.

    In secondo luogo manca la militanza, io purtroppo a questo giro non ho fatto il militante (quindi forse farei meglio a stare zitto), ma di solito un po’ di volantini li porto in giro, e vedo che nei partiti di sinistra ci sono meno agit-prop che nella Lega, non si fanno gazebo, ci si fa vedere poco sul territorio e solo ad un mese dal voto ecc.
    Questo problema deriva dalla scarsa fiducia che molti di noi nutrono verso i dirigenti del proprio partito, ma se li si critica da dentro le sezioni forse si risolve qualche cosa.

    Questi due problemi secondo me sono connessi alla sconfitta nei “referendum” pro o contro Berlusconi, cui alludeva Angelo. Lui ha militanti e Tv a iosa, propone se stesso come leader forte e circonfuso di gloria. Se noi avessimo un “capo” (è brutto dirlo, è brutto pensarlo, forse è persino sbagliato ideologicamente, ma è questo che serve) da contrapporgli forse il referendum non sarebbe così scontato.

    Per la sinsitra radicale faccio solo notare che in molte provincie del nord non si presentava per mancanza di firme almeno un soggetto (SEL), e che in zone importanti di Lombardia e Veneto è azzerata o tutta da ricostruire, quindi il dato attuale non dice tutta la verità, o dice una verità transitoria.

    Infine l’astensionismo attuale è almeno in parte strutturale. Esistono migliaia di elettori (sopratutto alle elezioni amministrative, in cui sono iscritti nelle liste elettorali anche i cittadini comunitari, di cui ho parlato ieri) che non sono coinvolti nelle elezioni per i più svariati motivi. Per esempio perchè sono iscritti non residenti (ovvero iscritti all’aire, oppure residendi fuori regione), che in alcune zone di emigrazione della mia provincia da soli contano quasi il 15-20% con punte del 25% dell’elettorato. Basta vedere la differenza tra residenti (inclusi i minori) e aventi diritto al voto.
    Un altro dato è l’invecchiamento progressivo della popolazione, (con tanto di aumento della demenza senile), negli anni ’50 si cercava di coinvolgere nel voto anche i matti (vedasi Calvino “la gironata dello scrutatore”) oggi non più, e si potrebbe ricominciare a provarci.
    Questo astensionismo “inconsapevole” è riducibile se lo si assume come un problema e ci si lavora su.
    Poi ovviamente esiste anche quello consapevole, e su quello, malgrado la mia scarsa “militanza” a queste elezioni, un po’ ho fatto anche questa volta. Certe volte basta veramente poco per convincere qualcuno di indeciso a votare, almeno contro Formigoni.

    La campagna elettorale del 2013 è cominciata da un pezzo, in bocca al lupo a tutti noi.

    Valerio

  13. alessandro volterra

    premetto che sono contrario alle valutazioni a “botta calda” mi sembra però che tu:
    1) sia portato ad una sottovalutazione nel confronto tra regionali, del ruolo delle liste civiche a proposito del risultato del PD.
    2) che, nonostante la valenza politica nazionale, sono entrati in campo anche valutazioni “regionali” sul tipo di candidato presentato dalle coalizioni (per farti un esempio che non mi consola affatto: perchè Castelli perde a Lecco? Siamo noi che siamo bravi o loro che sbagliano candidato?)
    3) quando scrivi: “salvandosi nel 2005 solo grazie alla mobilitazione che c’era stata nella società (pace, articolo 18, girotondi e altro) che portò al voto molti più cittadini che però non si fidarono dei partiti e votarono o per Piero Marrazzo oppure per la sua lista Civica.” Mi viene voglia di darti un pestone sul piede che ti fa male. La società civile NON esiste. Ma chi ti credi che erano quelli dei girotondi o quelli che manifestavano con Cofferati? Ma non sono gli stessi che sono iscritti (sempre meno) ai vari parti del centrosinistra?
    Perdona lo sfogo, mi riservo di intervenire quando avrò riflettuto, ora devo “elaborare il lutto”.

    • valerio peverelli

      Breve replica su Castelli, noi avevamo un buon candidato (che quando fu in provincia fece molto bene), loro erano alle elezioni anticipate, dopo tre anni di non governo, litigi tra i partiti, odi reciproci tra LN e Pdl, tra l’anima “liberal” e quella “CL” della fu forza Italia, con una gestione della cosa pubblica avvilente.
      Detto questo resta un grande risultato perchè nella mia Como (stesso lago) il Pdl governa malissimo (ha persino costruito un muro sul lungo lago, chiuso le case di riposo pubbliche, rimpicciolito l’ospedale, fatto bieca speculazione edilizia, bloccato una piazza per lavori per 4 anni e mezzo) ma continua a fare risultato.

      Lascio la risposta a Toaldo per le altre questioni , sembra però che a questo giro le liste civiche di centro-sinistra non siano andate benissimo (mentre quelle di centro destra hanno fatto il loro), mentre 5 anni fa tirava un’altra aria.

  14. gioacchino de chirico

    è chiaro che gli elettori di sinistra (potenziali) sono meno di “bocca buona” di quelli di destra. E questo si sa. rimane l’ultima frase di Mattia “partiti deboli e notabiliari”. la vera cosa che conta veramente. per Bonino, partiti deboli. per Rutelli partitti notabiliari.
    questo dato resta vero indipendentemente da come vanno le elezioni.
    è inutile domandarsi se un rigore non messo al segno sia colpa di chi l0 ha tirato o merito del portiere che l’ha parato.
    è inutile guardare alla Lega il partito più a destra che c’è nel nostro paese, e al suo radicamento sul territorio.
    abbiamo qualcosa da dire e da fare sui temi centrali di un futuro più equo e solidale? se non ce l’abbiamo, vincono sempre loro che il futuro lo aspettano distrattamente. arroccati nel loro piccolo orto. e così forse si scopre che siamo simili perché anche noi siamo arroccati in un orto che non produce più frutti se non lo si lavora. mah…

  15. Muval Croins

    Caro Gioacchino,
    mi piace l’espressione: “siamo arroccati in un orto che non produce più frutti”. In campagna quando gli orti non producono più, si cambiano le piante, abbattendo le vecchie e sostituendole con delle nuove. Chi riuscirà a fare lo stesso nelle sinistre? Altrimenti saremo destinati a perdere per i prossimi venti anni! Io sono un nuovo militante e mi chiedo: per chi sto militando? Per una idea? Per un partito? O per dei signori che pur di mantenere il loro potere personale, sono disposti a farci lavorare esclusivamente per i loro interessi, senza nemmeno farsi conoscere? Facendoci perdere le cause per cui lottiamo?
    Secondo me la base dovrebbe chiedere, riuscendoci, un vero ricambio generazionale e ideologico, riprendendo un pò il timone del partito, altrimenti continueremo l’asservimento a dei nomi che promettono, sbraitano, e sbranandosi cercano di conquistare quei pochi posti rimasti per soddisfare i propri desideri, e non certo quelli del paese.

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